La plastica è uno dei materiali che, lavorati ad alte velocità nelle macchine automatiche, come quelle delle moderne catene di montaggio, si polarizzano e accumulano una carica elettrica (positiva o negativa). Questa carica può portare a diversi problemi che è bene monitorare e risolvere tempestivamente.
Breve storia della plastica
La plastica è oggi spesso attaccata, ma in realtà si tratta di un materiale decisamente smart, purtroppo però l’uso che le persone ne fanno spesso lo è molto meno. La storia di questo versatile materiale inizia nell’XIX° secolo, attorno al 1862, quando l’Inglese Alexander Parkes, sviluppando i suoi studi sul nitrato di cellulosa, isola e brevetta il primo materiale plastico semisintetico della storia, in seguito noto come Xylonite. La prima vera affermazione del nuovo materiale si ebbe però solo qualche anno dopo, quando nel 1870 gli americani Hyatt brevettarono la formula della celluloide, inizialmente avendo come principale obiettivo la sostituzione del costoso avorio nella produzione delle palle da biliardo. La celluloide trovò però presto vari altri utilizzi.
Quello che potremo definire come secolo della plastica fu senza dubbio il Novecento. Nel 1910 il chimico belga Leo Baekeland brevettò la Bakelite, nuovo materiale, simile alla plastica contemporanea, che ebbe praticamente da subito un clamoroso successo. Nel 1912 un chimico tedesco iniziò la produzione del polivinilcloruro (PVC), anche questo materiale plastico avrà grandissimi sviluppi e utilizzi, che arrivano fino ad oggi.
Dopo la guerra, le scoperte che prima erano dettate da esigenze militari iniziano a confluire nel mondo civile e negli anni ’50 arriva la Formica che consente la produzione di laminati destinati all’arredamento. In plastica si stampano stoviglie economiche, ma anche oggetti di design e elementi di vario tipo, spesso a basso prezzo, che entrano nella quotidianità delle persone: nelle loro cucine e salotti.
Tra i pro della plastica i suoi costi, senza dubbio minori rispetto a quelli di legno o metallo, è inoltre leggera, molto versatile, resistente e ha un basso consumo energetico, inoltre è riciclabile. Il problema è che spesso non viene riciclata, ma invece abbandonata dell’ambiente. Per questo oggi da molti è criticata e si cercano alternative, come bio plastiche e simili.
Come eliminare le cariche elettrostatiche dalla plastica
Un settore in cui la plastica è ancora molto utilizzata è senza dubbio quello industriale, parliamo sia di imballaggi che di prodotti finiti. Tra le criticità più comuni con cui devono fare i conti le aziende che lavorano la plastica c’è senza dubbio l’accumulo di carica elettrostatica.
Ecco come eliminare le cariche elettrostatiche dalla plastica e perché queste cariche possono rappresentare un serio problema. La plastica è uno dei materiali che, lavorati ad alte velocità nelle macchine automatiche, si polarizzano e accumulano carica elettrica. In condizioni normali si tratta di un materiale elettricamente neutro, ma se lavorato ad alte velocità, a causa dell’attrito con altri materiali, perde il suo equilibrio e si carica elettricamente, causando diversi problemi che non vanno sottovalutati.
Scosse agli operatori, interruzioni o rallentamenti dei processi produttivi, aumento degli scarti di lavorazione, calo della qualità dei prodotti finiti e potenziali problemi di sicurezza. Tutto questo può essere causato da cariche elettrostatiche incontrollate. Esiste una soluzione? La risposta per fortuna è affermativa.
È possibile eliminare l’accumulo di elettricità statica sui macchinari che lavorano la plastica, applicando sugli stessi delle barre ionizzanti, dispositivi che riportano i materiali ad una carica neutra. L’approccio si rivela efficace anche nel caso si lavorino bioplastiche o plastica riciclata, che oggi trovano largo utilizzo in settori come il packaging.
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